EndrigoSUITE ISTRIANA

(Omaggio a Sergio Endrigo)

Spunti seri (pochi) e scherzosi di una tre giorni … da Trieste fino a Pola

 di Alessandro Boris Amisich

 

 

PRELUDIO (liberamente e senza senso del tempo)

 

PREFAZIONE (PER NIENTE SERIA)

“La torta appena cominciata è già finita, / per questo vado sui bignè: / perché il profiterol che tu mi hai regalato / l’ho già mangiato a colazione.” Endrigo? No , ma ci assomiglia. Questa considerazione (parodia, paradosso,) che emerge dal mio … passato di cabarettista e dalla vicinanza del fraterno amico e collega Carlo Dalla Battista (che da sempre sa dare la stura alle peggiori delle mie nefandezze verbali) può invece seriamente spiegare il senso di questo concerto, o almeno un suo aspetto. Ma su questo ritorno più avanti.

La sopra citata parodia, nata durante lo spostamento da Trieste a Pola (dopo aver inevitabilmente stornellato … l’omonimo tragitto) rappresenta innanzitutto in maniera tangibile il clima rilassato, amichevole, familiare, coinvolgente con la cui memoria sono tornato a casa da questi due concerti dedicati ad Endrigo. Ed è di questo clima, di questi aspetti che desidero parlare, di ciò che è avvenuto dietro le quinte, dal momento che la stampa e le televisioni stanno già raccontando gli aspetti ufficiali.

Una specie di diario di viaggio, insomma, dove considerazioni, episodi, scherzi, incontri, si mescolano senza un ordine prestabilito, per condividerli con chi lo desideri.

ALLEMANDA

NEVE, PIOGGIA E LINGUINE AI FRUTTI DI MARE

“La festa appena cominciata è già finita: il cielo non è più con noi”.

Che il cielo non fosse con noi mi sembrava evidente già alla partenza da Padova, mentre iniziava a nevicare, la mattina di venerdi 25 novembre 2005; in auto con Carlo Dalla Battista, il pianista con cui suono da molto tempo e con cui condivido alcune passioni (il gioco di parole, o forse la voglia perenne di giocare) e con Lucia, sua promessa sposa, incontriamo al casello autostradale di Padova Est Mario Calisi con la consorte Laura, nonché Luigi Donorà. Dei tre conosco al momento solo Luigi, ma in realtà in poche ore anche gli altri sarà come se li conoscessi da sempre. Sottolineo questa considerazione proprio perché in effetti un gruppo di persone disomogeneo e dalle diverse provenienze si è talmente ben combinato da renderci amici e da farci sentire tutti a nostro agio (cosa che non sempre succede nelle iniziative di gruppo, quando gli stili di comportamento fanno a volte stridere la capacità di convivere pacificamente). Partiamo in piccola carovana di due auto alla volta di Trieste. E il tempo peggiora man mano che andiamo avanti. La neve aumenta, dalla sera sarà pioggia che si protrarrà alla grande per tutto il giorno successivo. Solo la domenica avremo finalmente una giornata senza acqua.

Mario Fragiacomo, quello di noi musicisti che per primo aveva proposto di organizzare un omaggio in musica ad Endrigo, e soprattutto quello di noi che più ci ha creduto e che  si è dato da fare concretamente per renderlo possibile, mi aveva avvisato che la prova tecnica degli impianti si sarebbe svolta dalle due del pomeriggio in poi.

Guardo l’orologio e mi rendo immediatamente conto che rischiamo di arrivare a Trieste prima di mezzogiorno, col risultato di dover bighellonare con l’infausto tempo per la città in attesa delle 14.oo. Propongo a Carlo di sentire l’altra auto per concordare una fermata ad un autogrill. Col cellulare chiamiamo Donorà, che si dichiara entusiasta dell’idea, e che anzi suggerisce: “Sì, sì, fermiamoci subito, al primo autogrill che incontriamo.” In realtà io il primo lo salto, (ma erano solo le undici e mezza!) e mi fermo al secondo. Donorà me lo rimprovera in seguito: “ Go visto che el primo ti lo ga saltado: ma mi morivo de fame”. In effetti ho conferma del suo appetito vedendo come affronta con determinazione e solida tecnica strumentale un ottimo e abbondante piatto di linguine ai frutti di mare, che noi ci limitiamo a consumare, mentre Luigi lo ripulisce per bene fino in fondo, anche con l’ausilio di ben due panini. Lo fermiamo naturalmente prima che inizi ad intaccare irreparabilmente le decorazioni del piatto.

GAVOTTE EN RONDEAU

IL CONCERTO DI TRIESTE

Nel pomeriggio di venerdi i personaggi coinvolti in questa trama cominciano a radunarsi al Ridotto del Teatro “Verdi”. Strette di mano ed abbracci tra chi già si conosce, veloci presentazioni in un clima magicamente già amichevole in nome di una professionalità che mi appare subito di alto livello, senza vezzi, senza manie, senza eccessi di autostima (che ho visto invece troppo frequentemente in altri ambienti).

Incontro nuovamente Mario Fragiacomo, col quale avevo già suonato un brano di Piero Soffici in maggio durante il raduno di Mailing List Histria ad Albona. Mi presenta Sabrina Sparti, il soprano (anche se lui ama dire “la vocalist”) con cui da tempo collabora in Mitteleuropea Ensemble. Scoprirò una grande professionista ed un’ottima persona, splendidamente semplice. Si presenta agli altri anche Carlo Dalla Battista, che essendo il più giovane, teme di trovarsi un po’ a disagio tra gente che lui reputa più esperta, o comunque più affermata di lui. Stranamente lo stesso problema attanaglia Luigi Donorà, che invece nel gruppo è il più … datato. Lui è a disagio davanti agli altri pianisti, perché essendo un compositore e non prettamente un pianista, teme di sfigurare. Il più “solido” tra i tre martellatori di tasti, cioè Mario Calisi, si rivela invece fin da subito persona sensibilissima e ricca di disponibilità. Per cui i problemi ed i dubbi scompaiono immediatamente. Si aggrega poi, con la sua chitarra in spalla, Gino d’Eliso, cantautore triestino, anch’egli, come tutti noi, in abito nero, anche se molto più informale. Le sue canzoni contro la guerra rivelano un “cuore tenerissimo”, che si confermerà nel dopo-concerto, quando Gino coccolerà la splendida nipotina Maria, che è gelosa del fatto che lui si sia esibito per tutti e non solo per lei.

Prova dei microfoni e delle posizioni sul palco, perché CDM (Centro Documentazione Multimediale per la cultura giuliana, istriana, fiumana e dalmata) intende filmare tutto il concerto per produrre in seguito un DVD. Rosanna Turcinovich Giuricin chiede ad ognuno di noi di dire qualche cosa. Temo di aver rilasciato dichiarazioni banali: la conferma l’avrò quando le vedrò inserite nel DVD, (o ancor di più forse quando vedrò che avranno deciso di non inserirle). L’intero concerto viene filmato con quattro telecamere per conto di CDM, sotto l’attento coordinamento di Rosanna. CDM è uno degli enti organizzatori; poi c’è l’Unione Italiana di Fiume e l’Università Popolare di Trieste, che si presenta a noi nella figura di Susanna Isernia, che per noi sarà da subito la simpaticissima Susy e basta. Non è da tacere l’aiuto offerto per la realizzazione del concerto dal Comune e dalla Provincia di Trieste, nonché dalla Regione Friuli Venezia Giulia.

Mano a mano che l’orario del concerto si avvicina cresce anche la tensione: ma è una tensione positiva, una voglia di dare a quel pubblico che già molto per tempo comincia ad affollare la sala. E’ il musicista di casa, d’Eliso, a rompere il ghiaccio: la sala è piena ed attenta. Le presenze saranno circa duecento. Accompagnandosi con la chitarra Gino propone in apertura Adesso sì di Endrigo e poi due suoi testi contro l’inutilità della guerra: tematica questa che anche in Endrigo compare qua e là in più di una canzone. Il pubblico apprezza e partecipa.

Tocca a me. Un minuto di forte emozione ce l’ho all’inizio, ma sento comunque la gente  dalla mia parte. Nel 1803 il grande chitarrista italiano Mauro Giuliani aveva suonato in quella stessa sala. Allora io ho immaginato che Giuliani avesse conosciuto la musica di Endrigo e, nel proprio stile, avesse variato il celebre tema de La casa: ma gli amanti della chitarra e di Giuliani avranno riconosciuto nella mia esecuzione un’introduzione e una prima variazione quasi integralmente di Giuliani, oltre a vari suoi stilemi disseminati qua e là. Spiego brevemente al pubblico ciò che ho confezionato, sperando che venga accettato. A questo proposito, lascio la parola a  Rosanna Turcinovich Giuricin: “Dissacrante? Il risultato di tale abbinamento l’ha valutato il pubblico che non riusciva a smettere il lungo applauso.” Subito dopo con Carlo presentiamo la nostra interpretazione di tre canzoni di Endrigo. Canzone per te l’abbiamo sviluppata come il Valzer triste di Sibelius: un ricordo di qualcosa che non c’è più (per Endrigo un amore “così grande che non sa morire”), un ricordo che ritorna e che per un attimo torna a vivere sulle note di un ballo immaginario sempre più coinvolgente, sempre più trascinante: per Sibelius era un valzer, per noi è stato un tango; ma il sogno sfuma e resta solo l’eco dolorosa del ricordo, nella solitudine. Il ritornello de l’Arca di Noè per noi è un vero e proprio blues, sofferto, stringendo i denti e chiudendo gli occhi: ma accidenti c’è quel tema della strofa che col blues non c’entra nulla. Che farne? Pochi giorni prima del concerto, la decisione: la strofa la facciamo solo come introduzione, all’inizio, e poi, via, fuori dai piedi: e così si può fare due volte di seguito il ritornello con un’emotività sempre crescente. Infine Girotondo intorno al mondo, che per noi diventa un tenue suono di carillon, una filigrana delicatissima, quasi di ninna nanna. Parlavo all’inizio di parodia, di paradosso: in effetti il confine tra la libera interpretazione e lo stravolgimento è molto labile. Il dubbio che il pubblico possa non accettare c’era, eccome. Ma l’applauso è convinto e prolungato, l’emozione è fortissima. E  adesso è passata e possiamo goderci da spettatori il resto della serata.

Lo stupendo pianoforte del Ridotto diventa un’orchestra sotto le abili mani di Mario Calisi e di Luigi Donorà ed avvince totalmente il pubblico: un’ampia scelta delle più belle canzoni di Endrigo, rielaborate a quattro mani (per cui servono due uomini, o in alternativa almeno … una scimmia, ma con grandi doti musicali), a formare un’ampia suite di temi che hanno accompagnato e riempito molti anni della nostra vita.

La parte finale del concerto, presentata, come tutta la serata, dalla simpatica Annalisa Zecchin, spetta a Mario Fragiacomo con Sabrina Sparti. Mario suona il flugelhorn, altrimenti noto come flicorno: per dare spessore armonico ai suoi suoni si serve di un impianto che produce riverberi, echi, canoni, duplicazioni della voce per quarte, quinte, ottave. Presentare una serie di canti tradizionali istriani in questo modo così  insolito dapprima incuriosisce e quindi cattura, affascina: i suoni della voce e del flicorno interagiscono; a tratti pare di sentire una lauda medievale, a tratti la sonorità di un piccolo gruppo di strumenti durante una sagra popolare. Incantevole. Il flugelhorn è caldo e intimo, la voce di Sabrina è duttile ed espressiva, quasi “negra”. Il pubblico sottolinea con fervore il suo apprezzamento. A questo punto, in chiusura di serata, Luigi Donorà  si unisce ai due musicisti sul palco e insieme i tre propongono una sentita versione di 1947, la canzone che Endrigo ha dedicato alla sua Pola e all’esodo, (“come vorrei essere un albero che sa / dove nasce e dove morirà”). Nel finale Fragiacomo ripete la melodia uscendo di scena e portando il tema sempre più lontano, quasi a rendere fisico il senso dell’allontanamento, del distacco. E la commozione nel pubblico (tra il quale molti sono di origine istriana) è grande. Non posso impedirmi di pensare che la commozione sarebbe stata sicuramente minore se Mario fosse inciampato sui gradini.

PASSEMEZO A LA GIULIANA

INCONTRI

Detto en passant che anche il primo cittadino di Trieste, Dipiazza, è rimasto con noi per tutta la serata, accanto a Codarin (CDM) e a Rossit (UPT), la parte di serata successiva al termine del concerto è ugualmente ricca di suggestioni e di emozioni, anche se di tipo diverso: per chi è legato all’Istria, come Fragiacomo, come Donorà o come il sottoscritto, è il momento degli incontri.

Intanto ho occasione di salutare Maria Rita Cosliani, che è venuta da Gorizia col marito (che io continuo a chiamare affettuosamente “il pover’uomo”) apposta per assistere a un concerto che è anche figlio suo (nel senso che l’esponente di MLH ha avuto grandi meriti nel favorire l’incontro tra Mario Fragiacomo e gli Enti triestini che hanno concretizzato l’evento). E poi c’è in sala una buona rappresentanza dei miei parenti Pizzi/Spitz, originari di Carigador (Verteneglio), località in cui, con una grande àncora nel giardino, c’è la grande casa di famiglia, dove è nata mia madre, proprio davanti al molo. Il concerto mi è anche occasione per incontrare per la prima volta Carlo Alberto Pizzi, che ha svolto ricerche sulla storia della famiglia, di cui recentemente ha dato notizia in alcuni scritti sulla Nuova Voce Giuliana. Anche il giornalista triestino Maurizio Bekar viene a salutarmi e a conoscermi personalmente. Ma la mia sfilza di conoscenze è assolutamente nulla rispetto a quella che impegna a lungo Luigi Donorà. E infatti noi, senza farci commuovere dalla lunga fila in attesa di Luigi, andremo al rinfresco al Tergesteo e lui rimarrà ancora lì a lungo a sbrogliare le sue pubbliche relazioni.

SARABANDE DOULOUROUSE (finale con REPRISE in modo maggiore)

IL FURTO DELL’AUTO DI FRAGIACOMO.

Il rinfresco al Tergesteo è un bel momento di serenità dopo la tensione del concerto. Gli stuzzichini però hanno solo la funzione di ricordarci che è da mezzogiorno che non tocchiamo cibo. E quindi si decide di andare a mangiare qualcosa di più sostanzioso. Ci siamo tutti, anche Donorà, che ha sbrigato tutti i suoi doveri sociali, ma… manca Fragiacomo: arriva proprio all’ultimo, trafelato, bagnato, agitato: noi gli diciamo “Non c’è più il rinfresco!”, lui invece risponde: “Non c’è più la mia auto!”

Questo rovina la serata a tutti: la gioia del bel concerto è già seppellita sotto l’impellenza del nuovo problema. “Guarda: l’avevo parcheggiata proprio qui, in questa strada, davanti a Pepi, proprio qui in questo punto, ricordo la targa Lloyd Adriatico: proprio qui; e qui non c’è più!”  Nei suoi occhi la disperazione, nel suo telefonino la voce piangente della moglie che non vuole credere a ciò che sente… “Ho proprio guardato questo cartello, per fissarmi il particolare”. A me già sembra insolito che a Trieste si rubino le auto (ma non si sa mai, può anche accadere…); “Che auto hai, Mario?”  Mi aspetterei una risposta tipo: “Mercedes, BMW” o qualcosa di simile. “Una Skoda”  Una Skoda? No, questo non posso proprio crederlo: che a Trieste rubino le Skoda? Io ho considerazione dei triestini, non può essere, mi pare  impossibile che a Trieste qualcuno rubi una Skoda! Mi verrebbe da buttarla in scherzo, ma Mario è disperato. E poiché lui asserisce di aver guardato bene, di aver controllato, di essere andato avanti e indietro più volte lungo la strada, gli diciamo di andare a far denuncia mentre noi andiamo in pizzeria a Ponterosso, tutti col morale a terra (ma con tanta fame); anche perché sotto la pioggia ci si bagna, e in pizzeria no. E perché bagnarsi in tanti quando può bagnarsi solo lui? Siamo oramai tutti accomodati da tempo, quando Mario entra nel locale  facendo ampi gesti già dall’ingresso. “L’ho trovata, l’ho trovata!” E poi ci spiega: “Nella confusione della ricerca del parcheggio non mi ero accorto che avevo oltrepassato il canale e che l’avevo lasciata in tutt’altra zona.” Sì, d’accordo, ma il cartello Lloyd Adriatico? “Ce n’era uno uguale anche lì”. La parola magica che inizia con la P mi esce di getto, e tutti scoppiano in una risata liberatoria, lui compreso, ma, come gli ho spiegato con affettuoso sarcasmo: “preferisco averti chiamato pirla piuttosto che averti dovuto accompagnare a fare una denuncia per furto”. Tutto è bene quel che finisce bene, quindi. Ma a mio avviso Fragiacomo dovrebbe risarcire il danno esistenziale con un po’ di buona malvasia per tutta quanta la combriccola.

CHACONNE

POLA SOTTO IL TEMPORALE

Pola è la città natale di Endrigo: ci preannunciano una grande attesa, e io al momento credo si tratti di un’esagerazione. Mi sbaglio, lo dico subito. Il cielo sembra minacciare “Adesso vi faccio annegare tutti” (che sia il clima da diluvio per cantare in maniera più sentita l’arca di Noè ?) e ulteriori nuvoloni neri si addensano, preannunciando peggioramenti meteorologici, sulla città, che però appare tranquilla e pulita. Troviamo senza difficoltà il Circolo, sede della Comunità Italiana, splendido nei suoi locali recentemente rinnovati. L’auditorium conterrà duecento posti a sedere, ma i tecnici stanno già montando un maxischermo nell’atrio; tra me penso: “ Magari stasera con un tempaccio simile non verrà nessuno”.

E’ Fabrizio Radin, presidente del sodalizio, ad accoglierci con una straordinaria generosità: starà con noi tutto il tempo e non ci farà mancare assolutamente nulla. Splendido padrone di casa. Chiacchierando nel corso della giornata mi spiega di temere un tale afflusso che qualcuno non troverà posto e troverà invece modo di lamentarsi che si poteva fare il concerto in una sede più ampia: ma sua intenzione è valorizzare il Circolo e ospitare direttamente la manifestazione. Siamo ospiti presso il ristorante del Circolo già dal pranzo, che si apre con uno splendido antipasto di formaggio e di prosciutto istriano.

Nel pomeriggio con calma proviamo gli impianti e il palcoscenico, molto più angusto rispetto a Trieste, ma si riesce comunque a trovare tutti la propria collocazione.

Nell’attesa del concerto ci viene consegnata la chiave (che riusciremo anche a perdere) della sede del locale coro “Mariani” – sez. femminile, dove troviamo da bere a volontà e un bel pianoforte elettronico sul quale Calisi e Dalla Battista improvvisano un blues, cui subito si uniscono Fragiacomo e d’Eliso.

Il temporale diventa nubifragio, ma noi dalla finestra vediamo gente che arriva in continuazione già un’ora e mezza prima del concerto, previsto per le 19. L’atrio è affollatissimo e la gente preme per entrare. Finite le nostre prove tecniche, prima delle 18, il pubblico può finalmente prendere posto. Assisto ad una scena impressionante (e giuro che quello che racconto è la verità): un’ondata di gente in corsa si precipita ad occupare i posti; a me viene in mente lo tsunami. In trenta secondi  (da intendersi in senso letterale, cronometrico) la sala è praticamente piena; in cinque minuti non ci sarà più una sola sedia libera e anzi tanta gente rimane in piedi tra il fondo e i lati dell’auditorium. Anche l’atrio è strapieno e, come dirà Glas Istre il 28 novembre, nonostante le due ore e mezza di durata, alla fine del concerto saranno ancora tutti là.

AIR RELIGIEUX

IL CONCERTO DI POLA

Non torno a raccontare il nostro repertorio, che è esattamente quello di Trieste. Anche se personalmente Carlo e io abbiamo suonato con molta più tranquillità. Racconto invece le ulteriori presenze. La serata, in segno di ospitalità, viene aperta dalla sezione maschile del coro “Mariani” diretto dalla bravissima Linda Milani; propongono un Canzoniere polese (un pot pourri di temi popolari) e una armonizzazione a voci pari de l’arca di Noè.  Il pubblico apprezza e scatena un applauso scrosciante.

Viene poi proiettato, ed è il momento più toccante, un filmato in bianco e nero del concerto che Endrigo aveva tenuto al Teatro Popolare Istriano di Pola nel 1998; filmato finora inedito; il silenzio si fa quasi religioso: stiamo assistendo ad un rito sentitissimo e commosso. Il coinvolgimento cresce sempre più, fino alla parte finale del concerto, quando il noto cantautore croato Arsen Dedić esegue alcune canzoni di Endrigo, ora in italiano, ora in croato, e racconta in termini semplici e sinceri la sua amicizia umana e professionale col musicista di Pola. Il concerto si conclude con un applauso intenso fino all’inverosimile: Glas Istre parlerà di ovazioni per Arsen ed amici e per il ricordo di Endrigo.

A ciascuno degli esecutori Fabrizio Radin consegna il libro di Inni e canti delle genti dell’istria, Fiume e Dalmazia, del Pauletich. Il pubblico non vorrebbe andare via, vorrebbe prolungare la magia che si è creata. Ma l’evento si è concluso e mi appare subito chiaro che sarà una cosa assolutamente irripetibile.

RONDEAU

PERSONE

Tante sono le persone che vengono a ringraziare, a salutare, a stringere la mano, a dire una parola, a testimoniare il loro apprezzamento. Molte in maniera anonima, altre raccontando qualcosa di sé. E’ in assoluto il momento più bello della serata. Tra tante presenze devo purtroppo rimpiangere un’assenza, quella di Fabio Fontanot da Muggia, iscritto a Tera de Confin (lista di discussione in Internet), che si è prodigato per favorire i contatti e rendere possibile la serata. Eravamo d’accordo che ci saremmo conosciuti personalmente in questa occasione. Ma dovrà essere per un’altra volta. Mi spiace.

Rivedo Sandro Sambi con la sua stazza e la sua barba inconfondibile; rivedo i polesani Vladimiro Gagliardi e  Olga Milotti, conosco personalmente Nelida Milani con la quale ho avuto qualche scambio di posta elettronica, incontro di nuovo Furio Radin, deputato per la minoranza italiana al Sabor di Zagabria, che avevo conosciuto al Raduno dei Dalmati a Chioggia qualche mese prima. Incontro di nuovo con piacere il m. Nello Milotti, che avevo conosciuto in provincia di Padova, a Perarolo di Vigonza, nel 1996, durante un concerto cui il coro da me diretto aveva partecipato con il coro “Mariani”: la serata (ed è opportuno tacerne i dettagli) era finita sotto il tendone dell’associazione degli alpini, con tanto buon vino e tanta allegria. Da Torino col fratello è venuto un altro esule da Pola, Olinto Mileta, che mi porta fresco di stampa il suo volume di studi demografici sulle Popolazioni dell’Istria, Fiume, Zara e Dalmazia (1850-2002). Da Venezia Luigi Vianelli, appassionato delle questioni storiche di queste terre, con la moglie Giovanna (di origine fiumana) e il figlio Marco.

GAVOTTE GALANTE

DONORA’ E IL GENTIL SESSO

Un capitolo a parte merita Luigi Donorà, sia per la sincerità e la spontaneità del personaggio, sia per la commistione della sua grande sapienza professionale con un atteggiamento estremamente alla mano e amichevole con tutti, che ne fa un compagno di lavoro gradevolissimo, spassoso, cordiale: la vera forza trainante del gruppo.

Ma non è di questo che voglio parlare. Desidero invece sottolineare l’estremo savoir faire del buon Luigi con l’altro sesso.

Ha cominciato a dar prova della sua estrema cortesia con le signore nel pomeriggio a Trieste, accogliendo Susy Isernia al Ridotto del “Verdi” con un abbraccio sincero. Abbraccio replicato peraltro anche durante il concerto, dopo aver inserito in programma un brano non previsto, un suo Preludio istriano, con dedica proprio alla Isernia in segno di apprezzamento per il lavoro da lei svolto in Università Popolare a favore della cultura giuliana. Ha continuato conversando con varie giornaliste in maniera amabile (con Rosanna Turcinovich Giuricin a Trieste e con le inviate di Glas Istre, Vanesa Begić e della Voce del Popolo, Carla Rotta, a Pola, nonché con un’inviata della TV, mi pare, slovena); alla cena dopo il concerto di Trieste ha occupato il posto che tutti avremmo voluto occupare, tra Sabrina Sparti e Laura, la moglie di Mario Calisi. A Pola si è fato fotoritrarre con Nelida Milani e ha brillantemente scherzato nel dopoconcerto con Linda Milani, simpaticissima direttrice del coro “Mariani”: e mentre lo filmavo minacciandolo di fornire il nastro alla sua gentile signora, lui mi minacciava a sua volta: “Anch’io ho qualcosa da raccontare alla tua”. Scherzi a parte: è stato la persona che più di tutti ha dato una ventata di gioventù al gruppo: una gioventù che evidentemente lui conosce da molto più tempo di tutti noi.

Ho nominato poc’anzi Carla Rotta, giornalista della Voce, redazione di Pola. Merita che io dedichi due parole anche a questa persona veramente in gamba: arrivata dietro le quinte del concerto per cogliere qualche impressione e qualche dichiarazione per compilare il suo resoconto sulla manifestazione, si scontrava da subito con la voglia mia e di Carlo di fare cabaret  e di buttare tutto in ridere (come peraltro ci accade quasi sempre). Invece di irrigidirsi e di tagliar corto, stava al gioco, provocandoci un po’ ed accettando senza fatica anche qualche presa in giro. Oltre a dar prova di grande intelligenza e di duttilità (quanti giornalisti senza qualità si sentono invece intoccabili solo perché giornalisti?), dimostrava di comprendere e possedere i tempi propri del cabaret e nel contempo riusciva a cogliere elementi di sincerità dalle nostre dichiarazioni che  avrebbe utilizzato opportunamente per la stesura della sua recensione. Alla fine riuscivo io, un po’ a fatica, a filmare una sua dichiarazione sulla serata, che mi sembra particolarmente centrata: “Un concerto sentito, partecipato, vero, un omaggio vivo, un’interpretazione forse leggermente trasgressiva del personaggio Endrigo, ma forse proprio per questo interessante. Un concerto giusto per un uomo giusto”. Mi sento di condividere in pieno.

COURANTE

ARSEN DEDIĆ

Arsen è stato colui che ha voluto ricordare a Pola l’amico Endrigo: a lui è toccato l’onore di chiudere la serata. Dietro le quinte ho brevemente conversato con lui. Saputo della mia provenienza da Padova, mi ha parlato delle sue traversie nell’ospedale della mia città. Ricordava anche di avere conosciuto qualcuno con il mio stesso cognome a Spalato o a Žrnovnica (ed in effetti la mia famiglia proviene proprio da lì).

MENUET I & II

CENA IN PIEDI (FASE 1 e 2)

Ancora al ristorante del Circolo per la  parte ufficiale della cena, a chiusura della serata. L’occasione per chiacchierare con amici vecchi e nuovi. Un clima assolutamente familiare, dal quale, per ragioni di spazio, era stato escluso il coro della “Lino Mariani”.  E i coristi erano forse un po’ dispiaciuti di questo fatto: e infatti continuavano a dirci “Dopo il concerto non andate giù a mangiare, perché le cose buone le portano quassù da noi”.

Noi abbiamo prima spazzolato per bene i nostri piatti e poi abbiamo raggiunto il coro nella sua sede. Anche loro avevano già mangiato, ma continuavano a girare, allegre e canterine, le bottiglie di vino. Il canto ci ha uniti tutti, per quanto stanchi dalla lunga serata, in una nottata che rischiava di non finire mai.

Mentre filmavo l’esecuzione di alcuni dei canti istriani, Fabrizio Radin mi diceva con giusta amarezza: “Non solo in Amazzonia e in Africa bisogna andare a registrare i canti popolari: anche qui da noi; perché fra qualche anno questi canti non li saprà cantare più nessuno”. Ed in effetti se una nota di tristezza va segnalata, è proprio quella derivante dall’età media del coro, in quanto non si intravvede un valido ricambio generazionale.

La serata continua con Donorà, Calisi e Dalla Battista che si rimettono al pianoforte, fino a quando la stanchezza ci consiglia di andare tutti a dormire.

GIGUE

IN CHIUSURA

Il giorno dopo ci attende il viaggio di ritorno, non senza una sosta a Parenzo e a Cittanova per un bel pranzo di pesce. In fin dei conti anche il cibo è cultura. O no?

Ritorno a casa con la sensazione che mi sia stato riservato un grande privilegio. E a distanza di qualche giorno ne sono ancora più convinto. Sono felice di ciò che è avvenuto, sono orgoglioso di averne fatto parte, sono onorato di essere stato con le persone che con me hanno condiviso questa esperienza. A tutte loro il mio grazie più sincero.

SUITE ISTRIANA (Omaggio a Sergio Endrigo)